@article{Olszański_2020, title={Życie duchowe kapłana w świetle listów Jana Pawła II na Wielki Czwartek}, volume={18}, url={https://ojs.academicon.pl/wpt/article/view/3074}, DOI={10.34839/wpt.2010.18.2.51-73}, abstractNote={<p>Per ben cogliere tutta la realtà del sacerdozio ministeriale, esso va visto, innanzitutto, nella sua dimensione essenzialmente cristologica. Nell’ordinazione sacerdotale Cristo imprime in coloro che ha scelto per il ministero una impronta nuova, interiore, indelebile, che conforma a Lui. Ogni sacerdote diviene così un “alter Christus”, “ipse Christus”. Il sacerdote rimane, in tal modo, abilitato ad agire “in persona Christi”, a fare le veci della persona di Cristo. Ecco, dunque, il compito fondamentale del sacerdote in rapporto a Cristo: renderlo presente, in modo visibile, nella sua vita e nel suo ministero. La santità sacerdotale, da raggiungere non accanto, ma attraverso il ministero, richiede, innanzitutto, un’intima unione con Cristo. Il “rimanete in me ed io in voi” (Gv 15, 1.4-5) deve costituire la sua principale preoccupazione, il cuore, il criterio e la norma di tutta la sua vita. I cristiani vogliono trovare nel sacerdote non solo l’uomo che li accoglie, che li ascolta volentieri e testimonia loro una sincera simpatia, ma anche, e soprattutto, un uomo innamorato di Dio, che appartiene al Signore, che li aiuta a guardare a Lui, a pensare a Lui, a salire verso di Lui (cfr PDV, 47). Una autentica santità sacerdotale esige, inoltre, una intensa vita di preghiera, intesa, questa, come un incontro vivo e personale con il Signore, come un dialogo che si fa partecipazione al colloquio filiale di Gesù con il Padre.</p>}, number={2}, journal={Wrocławski Przegląd Teologiczny}, author={Olszański, Michał}, year={2020}, month={mar.}, pages={51–73} }