La penitenza è uno dei sette sacramneti costituiti da Gesù Cristo. Per questa ragione la Chiesa già dall’inizio la prende in considerazione particolare. Un notevole contributo appartiene a Tertulliano, uno dei più importanti scrittori cristiani, che nel suo trattato descrive, sia la dottrina cattolica, che i riti liturgici della penitenza che furono in usanza all’inizio del III secolo. Nel suo libro parla della penitenza dei catecumeni e dei cristiani. La prima fa parte del periodo di preparazione al battesimo. La seconda, invece, è riservata solo ai cristiani, che hanno commesso un peccato grave (apostasia, omicidio, adulterio). Questo peccato escludeva, sia dalla comunione, che dalla comunità ecclesiale e di conseguenza anche dalla salvezza. Nel periodo cattolico Tertulliano non conosce i peccati gravi che non possano essere assolti dalla Chiesa. Anzi, con grande determinazione scrive che ogni peccatore ha la possibilità attraverso la penitenza un’altra occasione di cancelare i propri peccati. Questa seconda penitenza però è l’unica. Anche se il penitente confessava i suoi peccati al vescovo in modo privato è stato costretto prima di essere riconcilliato con Dio e con la Chiesa di compiere diverse e gravose opere penitenziali in modo pubblico. Purtroppo non tutti peccatori nel periodo di Tertulliano avevano la voglia di cominciare la penitenza. La stessa situazione succede anche oggi, quando tanti cristiani hanno abbandonato il sacramneto della penitenza. Il trattato di Tertuliano può essere utile per convincerli che solo la penitenza è l’unica via di salvezza.